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Tradizioni - Le Chiese di Roma

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Tradizioni
Molte vicende legate alla storia delle chiese di Roma hanno generato tradizioni che hanno resistito al passare dei secoli. Spesso queste tradizioni sono diventate un patrimonio che riflette non solo la storia, ma anche la vita quotidiana dei romani. Soprattutto alcune feste religiose spesso hanno una matrice popolare profana legata alla convinzioni di dover esorcizzare le forze del male e propiziarsi quelle del bene.
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La Colonna infame-San Bartolomeo all'Isola
Al centro dell’Isola Tiberina, di fronte alla chiesa di San Bartolomeo, dove ora si trova una guglia con alla base statue di santi, sorgeva una colonna, che era detta Colonna infame poiché il 24 agosto di ogni anno (giorno dedicato a S. Bartolomeo) ad essa rimanevano affissi per otto giorni consecutivi i nomi di coloro che durante la precedente Pasqua non avevano rispettato il precetto di confessarsi e prendere la Comunione. Nel 1867, sotto il pontificato di Pio IX, accadde che, accidentalmente, la Colonna infame fosse investita da un carro e cadesse a terra, frantumandosi; ma non andò persa l’usanza di esporre al pubblico ludibrio i nome dei renitenti al precetto pasquale, che continuarono ad essere affissi nel pronao della chiesa di San Bartolomeo fino al 1870, anno della Breccia di Porta Pia che provocò la caduta del potere temporale del Papa.
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La pigna dei diavoli-Santa Maria ad Martyres
In Santa Maria ad Martyres-Pantheon, il giorno di Pentecoste, si ripete ogni anno un rito antico, detto la Pasqua delle rose: alla fine della Messa, una pioggia di petali di rosa viene fatta cadere sui fedeli dall'oculus al centro dell'enorme cupola, per commemorare la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli.‬ Una leggenda dice che il foro della cupola in antichità era sigillato con una grande pigna di bronzo che i diavoli avevano trasportato a Roma, e che quando papa Bonifacio consacrò il Pantheon come chiesa, gli spiriti maligni fuggirono dall’oculus, portandosi dietro la pigna.
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La scalinata della fortuna-Santa Maria in Aracoeli
La costruzione della scalinata in marmo di 124 gradini, risalente al 1348, fu commissionata come voto alla Vergine per la fine dell’epidemia di peste che imperversava in tutta Europa. Fu realizzata con marmi ricavati dalla scalinata del Tempio di Serapide al Quirinale e fu, poi, inaugurata dal tribuno Cola di Rienzo. Era considerata una vera e propria Scala Santa. La scalavano in ginocchio le zitelle in cerca di marito, le donne che volevano un figlio, le mamme che chiedevano latte per i propri figli, e anche chi desiderava vincere al Lotto. In quest'ultimo caso la tradizione voleva che, per ottenere i numeri vincenti, fosse necessario salirla in ginocchio di notte, recitando Avemarie e De profundis e raccomandandosi ai Re Magi.
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La benedizione degli agnelli-Sant'Agnese fuori le mura
Il 21 gennaio, in occasione della festa di S. Agnese, durante la messa solenne del mattino, vengono posti sull'altare, che sorge sopra la tomba della martire, due agnelli coronati, uno di fiori bianchi per sottolineare la verginità della santa, l'altro di fiori rossi che ne ricordano il martirio.
Gli agnelli, donati dai monaci trappisti dell'Abbazia di San Paolo alle Tre Fontane e adornati dalle Suore della Sacra Famiglia di Nazareth, arrivano in basilica per la benedizione accompagnati da due canonici di San Giovanni in Laterano. Successivamente vengono presentati al papa come atto di fedeltà del Laterano al Papa per concludere il loro pellegrinaggio presso il monastero delle Monache Benedettine di Santa Cecilia, che provvedono con la loro lana a confezionare i pallii che il Pontefice indossa in ogni celebrazione e che impone agli arcivescovi metropoliti il 29 giugno, festa dei santi Pietro e Paolo.
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La dote alle zitelle-Santa Maria sopra Minerva
Nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva un tempo si svolgeva il rito della “processione delle zitelle”. Si trattava di una cerimonia per la consegna della dote alle giovani ragazze che volevano sposarsi oppure entrare in convento. Era rivolta per lo più di adolescenti provenienti da famiglie povere o di dubbia moralità; le ragazze dovevano essere di gradevole aspetto e residenti a Roma da almeno due anni. Queste giovani, scelte tra tutti i rioni della città, il 25 marzo di ogni anno, in occasione della festa dell’Annunciazione della Beata Vergine Maria, si riunivano in piazza Santa Chiara, vestite di bianco e con un velo che lasciava scoperti solo gli occhi, erano infatti chiamate le “Ammantate”, a due a due e con una candela accesa in mano, in processione raggiungevano la Chiesa di Santa Maria sopra Minerva. A conclusione della solenne messa papale, le ragazze andavano a genuflettersi dinanzi al Papa e, dopo il bacio della Sacra Pantofola, veniva consegnato loro un sacchetto di seta bianca con una dote di 50 scudi per quelle che intendevano prendere marito e di 100 scudi per quelle che intendevano prendere il velo. Questo singolare rituale era nato con l’intento di dare una seconda possibilità alle povere e bellissime romane che, proprio per la loro avvenenza e le loro scarse risorse economiche, rischiavano di finire vittima del mercato della prostituzione. Nel 1872, dopo l'annessione di Roma al regno d'Italia, il rito del conferimento della dote alle “zitelle” fu abolito.
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La processione delle vedove-San Vitale e Compagni Martiri
Nel 590, dopo una inondazione del Tevere che distrusse gran parte della città, ci fu una terribile epidemia di peste che sterminò gran parte della popolazione. Papa Gregorio Magno invitò il popolo alla preghiera istituendo una litania septiforme, chiamata così perché era formata da sette cori, composti rispettivamente dal clero, abati e monaci, badesse e le loro congregazioni, i bambini, i laici, le vedove, le donne sposate. Ciascuno di questi cori partiva in processione da una chiesa diversa fino alla tappa finale nella basilica di Santa Maria Maggiore. Il sesto coro, quello delle vedove, partiva proprio dalla basilica di San Vitale.
Durante una di queste processioni, organizzata da S. Gregorio Magno, si verificò l’apparizione salvatrice dell’arcangelo Michele sulla Mole Adriana (oggi Castel Sant’Angelo) nell’atto di sguainare la spada, segno della fine dell’epidemia.
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Il miracolo della neve-Santa Maria Maggiore
La tradizione vuole sia stata la Madonna stessa ad ispirarne la costruzione apparendo in sogno a papa Liberio e al patrizio Giovanni e suggerendo che il luogo adatto sarebbe stato indicato in forma straordinaria. Così quando la mattina del 5 agosto un'insolita nevicata imbiancò l'Esquilino, il papa Liberio avrebbe tracciato nella neve il perimetro della nuova basilica, costruita poi grazie al finanziamento di Giovanni. Da questa tradizione derivano i nomi di basilica Liberiana e di Santa Maria ad Nives usati in passato per citare la basilica. Il 5 agosto di ogni anno, in ricordo dell'evento prodigioso, avviene la rievocazione della "nevicata" attraverso una celebrazione in cui viene fatta scendere dal soffitto una cascata di petali bianchi.
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La benedizione delle auto-Santa Francesca Romana
Dopo il riconoscimento a S. Francesca Romana del Patronato degli automobilisti, attribuito da Papa Pio XI in occasione dell’Anno Santo 1925, la benedizione delle automobili al Colosseo, presso l’area dell’Arco di Costantino, è la più antica tradizione romana legata al mondo dell’automobile che si perpetua dal 1928. Il 9 marzo, di ogni anno, nel giorno dedicato a S. Francesca Romana, patrona degli automobilisti, si svolge dal 1928 presso la basilica il raduno e la benedizione delle automobili e, in generale, di tutti i veicoli a motore, sia di privati cittadini che di istituzioni pubbliche.
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La benedizione degli animali-Sant'Eusebio all'Esquilino
Ogni anno il 17 gennaio, davanti alla chiesa di Sant'Eusebio, all'angolo tra via Napoleone III e piazza Vittorio, si rinnova una tradizionale quanto curiosa funzione: quella della benedizione degli animali. Il rito è celebrato oggi in forma assai ridotta rispetto al passato e i partecipanti si sono ristretti ai soli animali domestici come cani, gatti e canarini. Nei secoli scorsi, la cerimonia si svolgeva invece con grande sfarzo: gli animali da benedire erano numerosissimi e andavano dai buoi agli asini, dagli animali da cortile fino ai cavalli delle carrozze dei nobili. La benedizione, poi, aveva luogo in origine nella vicina chiesa di Sant'Antonio Abate, il santo protettore degli animali, e solo quest'ultimo secolo è stata dirottata, per motivi di traffico, a Sant'Eusebio.
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Il protettore delle donne-San Pasquale Baylon
La tradizione popolare considerava S. Pasquale Baylon il protettore delle donne, in particolare delle zitelle, tanto che l’omonima chiesa di Trastevere era conosciuta come chiesa delle zitelle, che si rivolgevano al santo in cerca di marito, con una conosciuta preghiera:
“S. Pasquale Baylonne protettore delle donne
deh, trovatemi un marito bianco, rosso e colorito
ma di certo a voi uguale o glorioso S. Pasquale.”
Il santo non era solo considerato il protettore delle zitelle, ma anche di tutte quelle donne che a lui si rivolgevano a causa dei mariti che incontravano difficoltà nell'adempimento dei loro doveri coniugali. La tradizione, inatti, vuole che a una di queste donne il santo sia apparso in sogno e le abbia dettato una ricetta per un liquore che avrebbe vinto la mancanza di desiderio del marito: una crema fatta con zucchero, uova e vino Marsala. La crema fu chiamata, in onore del santo, il “San Bayon”, poi “sambaione” e infine “zabaione”. Per questo S. Pasquale Baylon è diventato anche il patrono dei pasticceri.
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San Giuseppe frittellaro-San Giuseppe dei Falegnami
Il personaggio di S. Giuseppe è sempre stato molto venerato dal popolo romano. Di questo sono testimonianza le tante chiese costruite a Roma in suo onore, e la grande diffusione del nome Giuseppe o Giuseppina tra la gente. Per questi motivi il 19 Marzo è sempre stata una data particolare a Roma. Infatti, la festa di S. Giuseppe è sempre stata accompagnata da grandi festeggiamenti: nella chiesa di San Giuseppe dei Falegnami, al Foro, la confraternita dei Falegnami organizzava solenni festeggiamenti e banchetti a base di frittelle e bignè alla crema, da cui il detto romano "San Giuseppe frittellaro". Momento clou della festa era proprio l'invasione nelle strade dei friggitori che celebravano in versi la bontà delle proprie frittelle, in grado addirittura di far tornare la vista ai ciechi, la parola ai muti e persino di far camminare gli storpi: "E chi vuol bene mantenersi sano / di frittelle mantenga il ventre pieno”. Di quella che agli inizi del secolo era una grande festa popolare, è rimasto negli anni recenti solo un pallido ricordo nel quartiere Trionfale.
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Sergio Natalizia-Le chiese di Roma
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