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Sant'Eligio degli Orefici - Le Chiese di Roma

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panoramica
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cupole di Roma
Il Rinascimento
Sant'Eligio degli Orefici
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E’ uno dei maggiori gioielli del pieno Rinascimento che vi siano in Roma e una delle pochissime architetture superstiti di Raffaello.
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Specifiche
Chiesa annessa-luogo sussidiario di culto della parrocchia di S. Lorenzo in Damaso
Proprietà
Confraternita e Nobile Università degli Orefici
Affidamento
Clero diocesano
Accesso
da LUN a VEN 10.00-13:00, previa prenotazione telefonica

Bibliografia
M.Armellini-Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX-1891;
C. Rendina - Le Chiese di Roma-Newton Compton-2004;
Roma Sacra – Itinerario 11- Elio De Rosa editore-1997;
F. Gizzi- Le Chiese Rinascimentali di Roma-Newton-1994;
www.universitadegliorefici.it/la_chiesa.php
Indirizzo
Via di Sant'Eligio, 7 – Rione Regola
Realizzazione
Edificata tra il 1509 e il 1575, ma la facciata venne rifatta nel 1620 e restaurata nel XX secolo
Stile architettonico
Rinascimentale
Architetto
Raffaello Sanzio (1843-1520) - Flaminio Ponzio (1560-1613)
da non perdere
Affreschi di Matteo da Lecce, Taddeo Zuccari, Giovanni De Vecchi e di Francesco Romanelli
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Storia
Nel 1509, la Confraternita degli Orafi e degli Argentieri ricevette da papa Giulio II la possibilità di costruire la propria sede presso via Giulia, all’epoca una delle strade più prestigiose di Roma, dove il papa e Bramante progettano di realizzare il nuovo centro amministrativo della città.
Gli orefici chiesero così a Raffaello di disegnare un piccolo tempio da dedicare a Eligio di Noyon, uno dei più venerati santi francesi ma anche grande orafo. Non ancora completata alla morte di Raffaello, nel 1520, i lavori furono proseguiti da Baldassarre Peruzzi che la condusse a termine dopo il 1526. Negli anni a seguire, la chiesa è oggetto di ripetuti interventi volti a riparare i danni provocati dalle periodiche piene del Tevere, finché nel 1601 un collasso strutturale dell’edificio portò ad un crollo parziale degli interni e della facciata della chiesa. Fu incaricato del restauro Flaminio Ponzio, che tra il 1620 e il 1621 ricostruì anche la facciata, mantenendosi fedele al progetto originario di Raffaello.
Il problema dei danni provocati dalle inondazioni del Tevere non venne però risolto rendendo necessari nel tempo continui restauri delle fondamenta, delle strutture architettoniche e delle opere d’arte conservate nella chiesa. Neanche la costruzione dei muraglioni sull’argine del fiume alla fine dell’Ottocento riuscì a risolvere il problema delle infiltrazioni di umidità nonostante il fiume fosse ormai più lontano. Per tutto il Novecento si sono avuti interventi che hanno interessato le fondamenta, l’interno, il tetto e la cupola, rendendo fruibile la chiesa che era stata dichiarata pericolante.
Esterno
La facciata è a due ordini entrambi delimitati da coppie di paraste; quelle del registro inferiore inquadrano il portale caratterizzato dal timpano triangolare che sovrasta una tavoletta recante l’iscrizione dedicatoria. Il secondo ordine presenta una grande finestra con architrave fiancheggiata da due coppie di lesene che sostengono un frontone triangolare di coronamento con un timpano cieco e una coppia di pinnacoli di torce fiammeggianti agli angoli esterni. La cupola presenta un tamburo con otto finestre, sormontato da una cornice in pietra calcarea a modiglioni su cui poggia la cupola emisferica con otto costoloni bassi e larghi terminanti con una lanterna cilindrica.
Ai lati della chiesa vi sono le facciate degli edifici pertinenti alla Confraternita degli Orefici e degli Argentieri, che qui ancora conservano la sede e l’archivio. Sul prospetto della sede, denominata “Casa del Cantone” è presente un affresco del XVIII secolo raffigurante S. Eligio vescovo.
Interno
L’interno è a pianta a croce greca con un’abside nel fondo, una cupola emisferica poggiante su un tamburo rotondo che insiste sui quattro pilastri centrali, e sormontata da un lanternino su cui si aprono otto finestre. Le decorazioni che attualmente ornano l’interno della chiesa sono il risultato di varie stratificazioni apportate nel tempo dagli interventi di restauro.
Gli affreschi dell’abside risalgono al 1575 e raffigurano la “Santissima Trinità” e “Madonna con Bambino e Santi” di Matteo da Lecce e “Profeti e Apostoli” di Taddeo Zuccari, Nel catino è raffigurato Dio Padre sorreggente il Cristo in Croce; sugli stipiti i Profeti, in alto gli Apostoli Disputanti e nel sottarco la Pentecoste: tutti affreschi attribuiti a Taddeo Zuccari.
Sull’altare maggiore è posto il busto in argento raffigurante Sant’Eligio che conserva le reliquie del santo, donate alla chiesa nel 1628 dal vescovo di Noyon.
Ci sono due cappelle laterali: quella di destra è dedicata all'Epifania, con la pala raffigurante L'Adorazione dei Magi opera di Francesco Romanelli (1639) in sostituzione dell'opera dello Zuccari distrutta nel crollo del 1601. La cappella di sinistra presenta all’altare l’Adorazione dei Pastori, un dipinto da Giovanni De Vecchi (1574). Il Romanelli si occupò anche di affrescare i pennacchi dei due altari laterali, che raffigurano le Sibille.
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Sergio Natalizia-Le chiese di Roma
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